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La grande novità della 34esima edizione del Festival di Hyères è il premio Métiers d’art, creato da Chanel, principale partenaire del Festival dal 2014, che ricompensa la migliore collaborazione fra i 10 finalisti e 10 maisons appartenenti ai Métiers d’Art Chanel.

Il premio attribuito dalla giuria Moda, presieduta da Natacha Ramsay-Levy (direttore artistico della maison Chloè) comporta una dotazione di 20.000 euro per la realizzazione di un nuovo progetto che sarà presentato nell’edizione successiva del Festival. Un messaggio forte che conferma ulteriormente l’impegno di Chanel nel sostenere e accompagnare i creativi di domani. Un premio speciale, che parla di generosità, del valore del confronto fra i talenti emergenti e il savoir-faire rigoroso degli artigiani e che formalizza una chiara visione della moda. Avanguardista ma anche artigianale, personale ma anche transgenerazionale, funzionale ma anche innovativa.

Prix Chanel Métiers d’art: una nuova vetrina per i métiers d’arts.

Si chiamano Desrues, Ateliers de Verneuil-en-Halatte, Lemarié, Maison Michel, Massaro, Lesage, Goossens, Montex, Causse, Lognon, le dieci Maisons des Métiers d’Art Chanel che hanno collaborato con i finalisti per la prima edizione del Prix. Fanno tutte parte della Paraffection, la filiale di Chanel, creata nel 1997, per promuovere l’innovazione, preservare gesti e tecniche secolari.

Se il patrimonio di questi storici ateliers è ancestrale, la loro partecipazione al festival di Hyères, ha permesso di rivelarne il potenziale innovativo, la reattività nel seguire le dinamiche e gli orizzonti del presente.

Come precisa Priscilla Royer, direttrice artistica di Maison Michel, la cui collaborazione con Roisin Pierce ha portato il migliore dei risultati. Perché è proprio questa giovane irlandese ad aggiudicarsi il PRIX CHANEL METIERS D’ART 2019 con i 2 cappelli della  collezione MNA I BHLAT – WOMEN IN BLOOM: è molto importante far vedere che c’é un lato ultramoderno in questi mestieri è un garanzia di qualità che non é certo l’applicazione passiva di una tradizione e di un savoir-faire. C’é ricerca, innovazione. Sono tutti questi elementi insieme che danno una garanzia di qualità”.

Patrick Goossens, direttore artistico dell’omonima Maison di gioielleria,  sottolinea la ricchezza pedagogica di questo progetto, sperimentato con la finalista Dita Enikova (Lettonia) per la collezione Avoiding the Void. “Pur supervisionando tutto personalmente, ho fatto affiancare Dita da uno dei nostri giovani apprendisti. È stato un approccio formativo per l’uno e l’altro. Sono due giovani che si incontrano, scambiano delle idee e che lavorano insieme per realizzarle. Per me, il miglior modo d’imparare qualcosa, è d’insegnarla a qualcun altro. È un principio pedagogico fondamentale”, conclude Goossens.

“La moda non esiste soltanto nei vestiti; la moda è nell’aria, è il vento che la porta. È nelle idee, nelle abitudini, in ciò che accade”… Aveva il senso dell’aforisma Gabrielle Chanel. Essenziale, lapidario, efficace. In questo weekend al festival di fine aprile, il vento batte forte sulle alture della Villa Noailles. E qui, nel cuore pulsante, in questo gioiello dell’architettura modernista firmato Robert Mallet-Stevens, le parole di Coco’ sono davvero nell’aria. Fluttuano sulla geometria perfetta dei suoi giardini sospesi fra cielo e terra, sulle terrazze che guardano verso il mare. Ma soprattutto nell’energia coinvolgente di questi giovani finalisti nel raccontare ciò che accade, nell’abbozzare così, a loro modo, la moda del futuro.

Intessute di storia e di vita, le collezioni aprono su un presente itinerante, che riconcilia memoria e anticipazione.

Perché se «auto-fiction» e storytelling imperversano, il reale ne fissa l’immaginario, ridando verità all’eccesso della proposta estetica.

«Vorrei che portando i miei vestiti, gli uomini diventino quelli che sognano di essere». Per Christoph Rumpf, ricompensato, del Grand Prix du Jury Première Vision, ogni pezzo della collezione è immaginata come un personaggio. Vecchi tappeti e tendaggi, elementi sparigliati di un’uniforme militare. Riciclati nei mercatini delle pulci, questi pezzi si riarticolano in delle silhouettes che giocano fra architettura dismisura, in una sorta di collage surrealista. Per Chanel Matiers d’Arts, il giovane austriaco ha collaborato con la Maison Massaro, creando degli stivali di pelle ricoperti di un tessuto finemente drapeggiato: “Ho sempre voluto crearli, ma non avevo le competenze » racconta Rumpf parlando della creazione degli stivali con Massaro. Nella collezione rappresentano il  bambino ricco che vuole scappare per diventare un pirata”.

Quanto a Milla Lintilä, vincitrice del premio Galeries Lafayettes, la cui collezione dominata dalla maglia, rivisita il femminile e gli stereotipi sul genere, non nasconde la sua passione per le linee pure e essenziali degli anni 20. “Il  manifesto de la femme futuriste, redatto dalla coreografa Valentine de Saint-Point, mi ha profondamente ispirato”.  Per Chanel Métiers d’art ha collaborato con Atelier Montex, inscrivendo nella maglia dei fini dettagli di ricamo. “Volevo che il ricamo facesse parte del vestito, evitando di aggiungere, qualsiasi cosa sul vestito. Volevo che tutta l’attenzione fosse sui vestiti. Sono loro i gioielli”.

Sembra farle eco Roisin Pierce: “Volevo mettere in evidenza il lavoro sulla materia”, dice spiegando il perché  di una collezione completamente bianca, “il bianco mi permetteva di non fare distrarre l’occhio, di farlo concentrare sulla tecnica e il lavoro” .