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Sarà il teatro, e non la passerella, ad aprire simbolicamente la prossima New York Fashion Week. Il 9 settembre debutta House of McQueen, una produzione off-Broadway che promette di riscrivere i codici del biopic teatrale celebrando la vita e l’eredità artistica di uno dei più grandi maestri della moda contemporanea: Lee Alexander McQueen.

Scritto da Darrah Cloud, diretto da Sam Helfrich e prodotto da Rick Lazes, lo spettacolo porta sul palco quasi dieci anni di lavoro e ricerca, uniti dalla volontà di restituire in scena l’intensità, il dolore, l’estetica e il coraggio che hanno reso McQueen una figura unica nella storia del costume. Accanto a loro, nel ruolo di custode e co-creatore, c’è Gary James McQueen, nipote di Alexander e oggi direttore creativo del progetto.

Una passerella emotiva, tra luce e ombra

House of McQueen non sarà un semplice tributo, né una cronaca celebrativa. Sarà una narrazione potente e complessache intende affrontare anche i lati più oscuri della vita del designer britannico: il bullismo subito da ragazzo, il peso del rifiuto, l’omosessualità vissuta in un’epoca ostile, la depressione e il suicidio. Temi oggi più che mai urgenti, trattati con l’obiettivo — come sottolinea Gary McQueen — di trasformare il dolore in una storia di guarigione collettiva.

Molti giovani conoscono il marchio, ma non conoscono davvero l’uomo dietro la leggenda,” ha dichiarato Gary in un’intervista a Vogue. “Questa produzione vuole aprire un dialogo, far luce sulla fragilità che si nascondeva dietro quella genialità così rivoluzionaria.”

Moda e palcoscenico: il cerchio si chiude

Alexander McQueen è stato il primo designer a trasformare la sfilata in uno spettacolo teatrale totale: le sue collezioni erano atti performativi capaci di scioccare, commuovere e far riflettere. Basti pensare a Voss (2001), Widows of Culloden(2006), o alla leggendaria Horn of Plenty (2009). Il suo modo di raccontare il mondo — e sé stesso — è sempre stato drammaturgico, scenografico, fortemente visivo.

Con House of McQueen, il palcoscenico diventa dunque spazio naturale per restituire la densità emotiva e simbolica di un’opera che ha sempre sfidato le convenzioni, anche a costo di bruciarsi. E proprio come nelle sue sfilate, anche qui la bellezza convive con l’abisso.

Provocateur: il tributo digitale e immersivo a Los Angeles

Il viaggio nella memoria di McQueen non si ferma a New York. Il mese successivo, Los Angeles accoglierà Provocateur, un progetto complementare, pensato come un’esperienza immersiva e multisensoriale. Tra olografie, proiezioni mappate e ambienti interattivi, l’universo del designer prenderà forma in chiave ipertecnologica.

L’evento includerà anche una componente virtuale sviluppata in collaborazione con DRESSX, piattaforma pioniera nel digital fashion. Gli spettatori potranno letteralmente “indossare” in realtà aumentata alcuni degli abiti più iconici delle collezioni Horn of Plenty e No. 9, ridando vita a un guardaroba d’avanguardia che ha segnato il XXI secolo.

Un’eredità viva, che parla al futuro

La doppia iniziativa – teatrale e digitale – rappresenta un ritorno potente del nome McQueen nell’immaginario culturale contemporaneo, non attraverso il revival nostalgico, ma con un linguaggio nuovo, fedele al suo spirito. Un progetto che intreccia arte, tecnologia e memoria, offrendo una riflessione urgente su identità, creatività e dolore.

Alexander McQueen è stato molto più di uno stilista. È stato un poeta della materia, un artista del sublime, un visionario tragico che ha saputo trasformare la moda in un grido, una carezza, una scultura vivente. House of McQueenne raccoglie l’eco e la rilancia, trasformando la sua storia in un’opera viva, capace di parlare oggi, più che mai, alle nuove generazioni.