Moda, memoria e visione si fondono nel primo cortometraggio del designer sardo
«Avrei voluto fare il regista», confessa Antonio Marras. E questa volta non è solo un sogno sussurrato, ma una realtà proiettata sul grande schermo. Il Cinema Mexico di Milano ha ospitato la prima ufficiale di Motel Jacaranda, il cortometraggio con cui lo stilista inaugura una nuova dimensione del suo universo creativo, dando corpo e voce a quella che lui stesso definisce «una sceneggiatura emotiva fatta di immagini, suoni e abiti».
Presentato alla presenza del cast e della troupe, lo short film è stato introdotto da Gianni Canova, rettore della IULM e storico del cinema, e dalla teorica dell’arte Francesca Alfano Miglietti, che hanno evidenziato la potenza espressiva e il lirismo visivo di un’opera che va ben oltre il semplice esercizio estetico.
Un’opera totale: moda, arte e sentimento
Motel Jacaranda è molto più di un cortometraggio: è un condensato poetico che intreccia moda, pittura, danza, parola e cinema, in una forma espressiva che richiama le avanguardie ma parla con il cuore. È la storia intensa e struggente di Anna Maria Pierangeli — in arte Pier Angeli — e James Dean, due anime tormentate unite da un amore viscerale e clandestino, consumato lontano dai riflettori hollywoodiani in un motel simbolico: il Jacaranda, nome ispirato all’albero che cresce nella terra natale di lei, la Sardegna.
Il film è una riflessione sulla memoria, sulla fragilità del tempo, sull’amore che persiste anche quando la realtà impone separazioni. È anche un atto di fedeltà alla bellezza del ricordo, che diventa materia creativa. «Il cinema non è uno specchio sterile, ma un corpo vivo», ha affermato Canova. E in Motel Jacaranda, quel corpo vibra di emozioni e stile.
Una collezione che nasce dal film
A fare da protagonista silenzioso, ma potentissimo, sono gli abiti: ogni costume indossato dagli attori fa parte della collezione Spring/Summer 2025 di Marras, creata in parallelo al cortometraggio e nutrita dello stesso immaginario. È una linea che si ispira alla duplice identità di Anna Maria: la diva fragile sotto i riflettori hollywoodiani e la donna sarda, autentica, legata visceralmente alla sua terra.
I tessuti raccontano storie, le silhouette evocano ricordi: è una moda che si fa cinema, che abbraccia il movimento e la luce. Le scene si snodano tra atmosfere sospese, dove il tempo è rarefatto e le emozioni si traducono in dettagli sartoriali, drappeggi leggeri, tessuti sussurrati.
Un’estetica dell’interiorità
«In tutte le sue forme e visioni, è il “come” che interessa e tesse Antonio Marras», ha sottolineato Alfano Miglietti. E in effetti, Motel Jacaranda non è interessato al racconto lineare o al glamour patinato. È un film che parla al cuore, che mette in scena la poesia delle crepe, l’incanto del non detto, il valore della vulnerabilità.
Nel linguaggio di Marras, l’estetica è sempre profondamente etica: ogni gesto, ogni stoffa, ogni inquadratura è pensata come atto di connessione emotiva. Motel Jacaranda è un sogno che si fa carne e luce, un esempio virtuoso di come le arti visive possano contaminarsi e arricchirsi reciprocamente.
Oltre la moda, oltre il cinema
Il debutto di Antonio Marras nel cinema non è un capriccio autoriale né un esercizio di stile, ma il naturale sbocco di una ricerca artistica plurale, che da anni attraversa le discipline per raccontare storie capaci di toccare l’anima. In Motel Jacaranda, lo stilista riesce a costruire un microcosmo sospeso, dove il tempo sembra fermarsi e l’amore, come l’arte, si fa eterno.
Con questa opera prima, Marras apre una nuova pagina del suo percorso, e insieme lancia un messaggio forte: la moda, quando è visione, è cinema. E il cinema, quando è cuore, può essere abito cucito sulla pelle.