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Parsons School firma un tributo d’autore nella cornice della Fondation Azzedine Alaïa

C’è un’amicizia che ha attraversato due decenni di moda e genialità, trasformandosi in una delle connessioni più fertili e rispettose della storia del design contemporaneo. È quella tra Azzedine Alaïa e Thierry Mugler, due nomi imprescindibili dell’haute couture del Novecento, uniti non solo da una visione estetica radicale, ma da una sincera stima personale e reciproco supporto. A celebrare questo legame è ora una mostra intima e preziosa, “A Fashion Invitation”, visitabile dal 22 maggio al 2 giugno presso la Fondation Azzedine Alaïa di Parigi.

Il progetto nasce dalla collaborazione con la Parsons School of Design – in particolare con il master in Fashion Studies della sede parigina – ed è curato dagli studenti stessi, che hanno avuto accesso agli archivi della Fondazione. Ne emerge un racconto fatto di inviti, documenti inediti, creazioni rare e materiali d’archivio firmati Thierry Mugler, raccolti e custoditi da Alaïa con cura e affetto.

Una mostra, quattro vetrine, un dialogo

Attraverso quattro vetrine tematiche, la mostra mette in scena un dialogo sottile ma vibrante tra passato e presente, tra memoria e ricerca. Il titolo, A Fashion Invitation, evoca non solo gli inviti cartacei e le testimonianze materiali del legame tra i due couturier, ma anche un invito simbolico a esplorare un mondo fatto di ispirazione, complicità e riflessione condivisa.

Un legame più profondo della moda

Quando Alaïa, giovane talento tunisino, iniziò a muovere i primi passi nel mondo della couture parigina, fu proprio Mugler, già allora affermato, a riconoscerne il potenziale e a spronarlo nel perseguire la sua visione. Da lì nacque un rapporto di ammirazione reciproca, che si tradusse in un confronto continuo sul mestiere, sul corpo femminile, sul senso profondo dell’abito.

Siamo molto influenzati l’uno dall’altro”, ammise Mugler, definendo Alaïa un maestro del taglio, dotato di un rigore assoluto, capace di far vibrare il tessuto come una seconda pelle.

Dall’altra parte, Alaïa guardava a Mugler con rispetto per la sua visione spettacolare, teatrale, per la sua capacità di scolpire la donna attraverso silhouette architettoniche, in passerelle che erano vere performance visive.

Tra laboratorio e passerella

Due approcci diversi, due visioni complementari.
Mugler era il visionario del palcoscenico, interprete di una femminilità poderosa e scintillante.
Alaïa, al contrario, si muoveva in silenzio nel suo laboratorio, ossessionato dalla perfezione tecnica e dalla purezza delle linee, dalla simbiosi tra abito e corpo.

Eppure, i loro mondi erano più intrecciati di quanto si pensasse. La mostra “A Fashion Invitation” emerge proprio come appendice viva alla grande retrospettiva già in corso alla Fondazione, “Azzedine Alaïa, Thierry Mugler. 1980–1990: due decenni di connivenza artistica”, curata da Olivier Saillard. In quel percorso, l’influenza reciproca si manifesta nella concretezza del taglio, nella scelta dei materiali, nei gesti di stile che i due si sono scambiati nel tempo.

Un progetto formativo e museale insieme

Il valore della mostra risiede anche nella sua genesi: è il risultato del lavoro curatoriale degli studenti di Parsons, che hanno saputo affrontare l’archivio non solo come contenitore di memoria, ma come spazio di interpretazione, visione e trasmissione culturale.

Un esercizio di lettura critica che dimostra quanto la moda, se osservata attraverso le sue relazioni più intime, possa raccontare non solo capi e passerelle, ma storie di amicizia, sostegno e creatività condivisa.

“A Fashion Invitation” è, dunque, più di una mostra: è un omaggio al rispetto tra due maestri. È un piccolo, grande gesto che ci ricorda come la moda viva anche di affinità elettive, di dialoghi silenziosi e di inviti a guardare oltre l’apparenza.