I vertici del settore della moda si trasformano a ritmo frenetico, in parallelo al rallentamento economico e a una crisi che sembra essere anche culturale e di comunicazione. Mentre le voci su chi sostituirà chi si moltiplicano, molte caselle restano ancora da riempire.
L’ultima notizia, in ordine cronologico, è arrivata il 6 febbraio: dopo mesi di speculazioni e fatturati in calo, Sabato De Sarno ha lasciato Gucci. Le indiscrezioni suggeriscono immediatamente il nome di Hedi Slimane come possibile sostituto. La settimana precedente, era stata la volta di Kim Jones con Dior Homme, dopo aver già lasciato Fendi qualche tempo prima. Intanto, Glenn Martens è approdato da Maison Margiela, subentrando a John Galliano, mentre Matthieu Blazy ha ottenuto una delle posizioni più ambite: la direzione creativa di Chanel. Il suo arrivo ha portato con sé un altro avvicendamento, quello di Louise Trotter, precedentemente da Carven e Bottega Veneta.
Tra pochi giorni assisteremo a nuovi debutti importanti: Sarah Burton chez Givenchy e Haider Ackermann alla guida di Tom Ford. In Italia, Lorenzo Serafini assumerà la direzione di Alberta Ferretti, Alberto Caliri guiderà Missoni, mentre David Koma sarà da Blumarine. Intanto, Alessandro Michele ha già mostrato la sua visione per Valentino nella prima sfilata di haute couture dello scorso 29 gennaio.
Le incognite restano molte. Ancora irrisolti sono i destini di Loewe, Dior e Fendi, tutte maison del gruppo LVMH. Secondo alcune indiscrezioni, Jonathan Anderson potrebbe lasciare Loewe per approdare a Dior, con Lazaro Hernandez e Jack McCollough (ex Proenza Schouler) pronti a prendere il suo posto. Maria Grazia Chiuri, invece, potrebbe spostarsi da Dior a Fendi. Inoltre, Lucie e Luke Meier potrebbero lasciare Jil Sander, con Daniel Lee (attuale Burberry) o Simone Bellotti (artefice della rinascita di Bally) tra i possibili successori.
Una Moda in Crisi di Identità
Lo scenario attuale della moda sembra rispecchiare un cambiamento epocale, con un vorticoso susseguirsi di nomi che, per quanto sempre gli stessi, vengono ridistribuiti in un gioco infinito di rimpasti. Questo frenetico valzer di nomine è amplificato dal tam tam mediatico, spesso alimentato da pettegolezzi e speculazioni.
La moda, oltre a subire la pressione delle performance finanziarie immediate, vive di successi irrazionali e di visioni forti. Tuttavia, la crescente ingerenza del management rischia di ridurre i creativi a meri strumenti, scelti non solo per il talento, ma anche per dinamiche di potere e pressione esterna. Non a caso, si dice che il “fantasma” di Anna Wintour abbia avuto un ruolo chiave in molte recenti nomine.
Le difficoltà di De Sarno da Gucci, ad esempio, erano evidenti sin dall’inizio, e resta da capire quanto spazio gli sia stato concesso per esprimere una visione personale. Nel frattempo, l’industria della moda sembra sempre più focalizzata sulla narrazione e sulla spettacolarizzazione delle nomine piuttosto che sulla sostanza creativa. Questo fenomeno, che riflette il più ampio trend dell'”infotainment”, rischia di trasformare la moda in un puro esercizio di intrattenimento piuttosto che in una vera espressione di stile e innovazione.
Il Futuro della Moda: Tra Profitti e Visioni
La polarizzazione del settore attorno ai grandi gruppi, come LVMH e Kering, accentua questa dinamica, ricordando la mitologica figura di Kronos che divora i suoi figli, come dipinto da Goya. In un contesto dove il profitto prevale sulla creatività, gli indipendenti trovano sempre più difficile emergere, costretti a inventare strategie alternative per sopravvivere.
La vera domanda è: questo incessante turnover porterà a una nuova era di innovazione o si rivelerà solo un esercizio di gestione del potere? Solo il tempo potrà dirlo. Nel frattempo, le nomine si susseguono a ritmi vertiginosi, e l’unico elemento certo è che la giostra della moda non accenna a fermarsi.